giovedì 28 gennaio 2016

La terrazza proibita. (Vita nell'harem) di Fatema Mernissi

inizia così....



Venni al mondo nel 1940 in un harem di Fez, città marocchina del nono secolo, cinquemila chilometri circa a ovest della Mecca e solo mille chilometri a sud di Madrid, una delle temibili capitali cristiane.
Mio padre era solito dire che con i cristiani, e con le donne i guai nascono quando non vengono rispettati i hudùd, ovvero i sacri confini. Al tempo in cui nacqui, dunque, si era in pieno caos, perché né donne né cristiani volevano saperne di accettare i confini. E questo era evidente già sulla soglia di casa, dove le donne dell'harem discutevano e si accapigliavano con Hamed, l'uomo a guardia della porta, mentre per strada sfilavano i soldati stranieri che continuavano ad arrivare dal nord e che si erano stabiliti proprio in fondo alla nostra via, tra i quartieri vecchi e la Ville Nouvelle, la città nuova che si stavano costruendo. Secondo mio padre, non era un caso che Allah, creando la terra avesse separato uomini e donne, e messo un mare a dividere cristiani e musulmani. L'armonia esiste quando ogni gruppo rispetta i limiti dell'altro conformemente a quanto prescritto; passare quei limiti conduce solo al dolore e all'infelicità. 
E invece le donne, ossessionate dal mondo al di là della soglia di casa, altro non sognavano che di oltrepassarla, e andare a passeggio per vie sconosciute, mentre i cristiani continuavano ad attraversare quel mare, portando disordine e morte.
Sciagura e vento freddo vengono dal nord; e noi preghiamo rivolti verso l'est. La Mecca è lontana. La tua preghiera può giungere fin là, ma devi sapere come concentrarti. A tempo debito mi avrebbero insegnato a concentrarmi.
I soldati spagnoli si erano accampati a nord di Fez. Zio Alì e mio padre, che in città erano tanto potenti e in casa davano ordini a tutti, dovevano chiedere il permesso a Madrid, se volevano recarsi alla festa religiosa di Mawlày Abdelsalàm, vicino a Tangeri, a trecento chilometri di distanza. ma quei soldati fuori dalla nostra porta appartenevano a un'altra tribù: quella dei francesi, cristiani come gli spagnoli, ma che parlavano un'altra lingua e vivevano ancora più a nord. La loro capitale si chiamava Parigi e, secondo mio cugino Samìr, doveva trovarsi a duemila chilometri da noi, due volte più lontana di Madrid, e due volte più feroce. Come i musulmani, i cristiani avevano l'abitudine di combattersi tra di loro; e ogni volta che spagnoli e francesi varcavano il nostro confine, per poco non si ammazzavano a vicenda. Quando fu chiaro che nessuno dei due era in grado di sterminare l'altro, presero la decisione di tagliare in due il Marocco.....
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