giovedì 30 agosto 2012

Abbigliamento nel mondo arabo tra passato e presente: tchadri o chadri


Il tchadri ( termine persiano sinonimo di burqa) è la variante del chador iraniano.
E’ un velo di mussola indossato dalle donne in alcune regioni dell’Afghanistan, del Pakistan e dell'India. Al contrario del chador, solitamente nero, il tchadri è di colore piuttosto vivace ed è confezionato solitamente in rayon o in seta. Molto simile al burqa si  differenzia per la lunghezza e il taglio. La parte anteriore infatti non arriva fino a terra lasciando  fuoriuscire le mani e le braccia per agevolare i movimenti, in alcuni casi è  aperto sul davanti o  corto al punto da far fuoriuscire le vesti o i pantaloni. Si accompagna a guanti che nascondono le mani e il volto è celato da “una fitta rete" sugli occhi che permette di vedere senza essere visti. L' uso di questo indumento divenne facoltativo nel 1959, ma fu imposto nuovamente dai talebani nel 1996, quando presero il potere in Afghanistan.  


martedì 14 agosto 2012

La poesia irachena di Younis Tawfik

La notte del destino



Nei varchi tra la notte
e l’impossibile,
sotto un velo di neve,
ti ho scorto che gridavi le forme delle piaghe,
e nella tenda del silenzio tu soffrivi la tua eco:
dividevi il terrore insieme al tuo assassino,
aprivi il petto al vento,
e ne facevi catene alla passione
e per il pianto….
Adesso è qui la Notte del Destino,
perciò stràppati il manto della sopportazione,
e sacrifica gli occhi al nume della guerra,
finché le tue visioni vengan meno…

È una notte di ghiaccio
ed è di fuoco, è notte
che gli specchi del cielo vede infrangersi
e scenderne le lune, come fossero pioggia fatta pietra…
Così fisso il tuo nome
ed il tuo volto,
fisso la morte fin che arriva il giorno.

E tu frattanto
spartisci le mie pene e poi scompari,
ti muti nel miraggio dell’infanzia,
penetri nel segreto del deserto
e il tuo cuore fiorisce nella sabbia: simile a un girasole,
a un canto funebre.

E tu diventi
riso di bimbo che la vita uccide,
e che rinasce nella notte in cui
Dio scende come un plenilunio triste
sopra i due fiumi,
e sugli schieramenti delle palme.

Younis Tawfik


mercoledì 1 agosto 2012

La cucina araba



La cucina araba è molto ricca e varia, così come profondamente diversi sono i paesi che appartengono al mondo arabo. Per comodità si può dividere questo mondo in tre grandi regioni: il Mashreq, cioè l'Oriente, che comprende l'Arabia Saudita, gli Stati del Golfo, lo Yemen, l'Irak, la Siria, il Libano, la Palestina, la Giordania e il Maghreb, l'Occidente, che comprende il Marocco, l'Algeria, la Tunisia, la Libia, senza dimenticare Sudan ed Egitto che in un certo senso collegano l'Occidente all'Oriente. Ogni regione esprime nella cucina le sue tradizioni ed il suo passato. Nell'Arabia Saudita il montone arrostito deriva da una civiltà beduina dedita alla pastorizia e al nomadismo. Le "Kafta" sono polpette di carne, aromatizzate con le spezie che gli Arabi introdussero nei loro commerci nel Mediterraneo; zafferano, cumino, cardamomo, cannella ricordano l'intensa attività commerciale di un tempo. I dolci, raffinatissimi a base di mandorle e miele, aromatizzati con essenze come la rosa e il fiore d'arancio evocano i racconti delle "Mille e una notte". I fiori d'arancio sono inoltre tuttora utilizzati in alcuni paesi arabi per aromatizzare l'acqua che servirà alla preparazione di altri piatti. I "falafel" polpettoni di fave o di ceci, molto popolari in Egitto, si dice fossero già conosciute ai tempi dei Faraoni. La cucina araba più vicina a noi è senza dubbio quella marocchina. Alcune ricette e alcuni metodi di cucinare hanno origini millenarie. La storia  di questa antica tradizione risale a 2000 avanti Cristo e la prima relazione scritta l'abbiamo da Plinio il Vecchio. Il piatto più conosciuto è il couscous. Questo piatto, si deve far risalire ai Berberi, il popolo che abitava il Maghreb prima della conquista araba. La grande maggioranza degli arabi sono musulmani e si sottopongono quindi alle regoli alimentari imposte dal Corano. Le più conosciute e seguite sono il divieto di mangiare carne di maiale e carne non "halal" ovvero proveniente da animali non sgozzati. Durante il Ramadan, mese in cui si pratica il digiuno dall'alba fino al tramonto, assumono particolare importanza alcuni piatti che vengono cucinati soprattutto in questo periodo. Paradossalmente non si cucina mai così tanto come in tempo di Ramadan. Troviamo  il " khushaf " una macedonia egiziana di frutta secca, e  l' harira  marocchina e algerina, zuppa con carne e legumi secchi che costituiscono un piatto particolarmente leggero, ma completo e quindi adatto a rompere le lunghe ore di digiuno.
Anche l'ospitalità araba è ben nota. All'ospite oltre al the, si offre sempre del cibo che viene preparato in quantità generose per esserne provvisti nel caso arrivasse un ospite in più. L'arabo non mangia volentieri da solo, nelle famiglie più tradizionali tutti si riuniscono attorno ad un basso tavolo rotondo, e si servono attingendo ad un unico grande piatto. Non si usano posate, i bocconi si prendono servendosi del pane, ne consegue per ovvie motivi che è di fondamentale importanza lavarsi le mani prima di mangiare. La famiglia e gli ospiti possono attingere all'acqua servita da una brocca con un asciugamano e una saponetta, senza alzarsi da tavola. In genere, all'inizio e al termine del pasto si ringrazia Dio, "bismi Allah", per il cibo che viene così sacralizzato.

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